Tecniche di imaging IR non invasive

Ciononostante, la termografia infrarossa è limitata alla rivelazione di difetti relativamente poco profondi (pochi millimetri sotto la superficie), perché è influenzata negativamente dalla diffusione 3D del calore. Tuttavia i tipi più comuni di anomalie che si trovano nei compositi, come delaminazioni, scollamento, ingresso d’acqua, cedimento dei nodi e cedimento strutturale del materiale d’anima, possono essere efficacemente rivelati e talvolta quantificati usando tecniche di termografia attiva.

Si possono adottare varie configurazioni in dipendenza dalla specifica applicazione prevista e dalla strumentazione disponibile. Può essere usato un approccio passivo o attivo [4], a seconda che la parte ispezionata sia in equilibrio termico o meno. Per esempio, l’approccio passivo, cioè senza l’uso di una sorgente esterna d’energia, può essere impiegato nella rivelazione della penetrazione d’acqua in parti in composito che trovano un uso in mezzi di trasporto in situazioni in cui la differenza termica tra il materiale e l’acqua è significativa, permettendo la rivelazione del difetto. Al contrario, è necessario creare un contrasto termico per mezzo di una sorgente esterna ogni qual volta il componente sia in equilibrio termico. Questo è il tipo di approccio più comune, perché le parti in composito vengono solitamente ispezionate dopo essere state fabbricate o addirittura in situ.

Termografia attiva
Praticamente qualsiasi sorgente d’energia può essere usata per stimolare il campione sotto osservazione, dall’aria fredda o calda a getti d’acqua, od onde acustiche modulate in frequenza e ampiezza. La decisione finale sulla sorgente d’energia dovrebbe essere presa sulla base dell’applicazione. Sebbene non vi sia una classificazione formale, si può concepire una divisione in quattro gruppi secondo le più diffuse forme di eccitazione: ottica, meccanica, elettromagnetica o d’altro tipo. L’energia ottica è di solito fornita esternamente, cioè il calore viene prodotto sulla superficie del campione e quindi è trasmesso attraverso il campione all’anomalia sotto la superficie (difetto) per ritornare indietro alla superficie. Al contrario, si può considerare l’energia meccanica come un modo di stimolazione interno, perché il calore è generato all’interfaccia del difetto e poi viaggia verso la superficie. Nell’eccitazione elettromagnetica, vengono indotte dall’esterno delle correnti parassite nel materiale (elettroconduttore) e il calore viene prodotto internamente dalla circolazione di queste correnti nel materiale.
Per quanto riguarda gli approcci sperimentali, ci sono diverse tecniche, essenzialmente in dipendenza dalla sorgente della stimolazione: impulsata o modulata. In letteratura si trova anche il termine di riscaldamento a gradino, riferito a una eccitazione a impulso lungo, e può anche essere usata un’eccitazione lineare, cioè con la fotocamera e la sorgente di eccitazione in movimento mentre il campione è statico o viceversa. Viene adottata una nomenclatura specifica per quanto riguarda la dipendenza dalla sorgente di energia. Per esempio, vengono generalmente usate la termografia impulsata (PT) e la termografia lock-in o modulata (LT) quando si lavora con una stimolazione ottica. I dati ottenuti da stimolazioni ottiche sono tipicamente rappresentati come termogrammi, cioè mappe degli andamenti termici sulla superficie del campione, sebbene siano state proposte anche altre rappresentazioni, come maxigrammi (mappe del massimo contrasto termico), tempogrammi (mappe del tempo di massimo contrasto termico) e mappe di diffusività.
Nel caso di una stimolazione meccanica, vengono adottati i termini di termosonica, termografia a ultrasuoni o vibrotermografia, in configurazioni impulsate (burst) e modulate in frequenza o in frequenza e ampiezza. La vibrotermografia (VT), pulsata o modulata, richiede molta più attenzione ai parametri sperimentali rispetto alla configurazione impulsata: la pressione applicata tra lo horn e il campione, l’area di contatto tra lo horn e il campione e la durata della stimolazione hanno un grande impatto sulla risposta termica. Quanto più a lungo il trasduttore opera alla superficie, tanto più calore è rilasciato alla superficie di contatto, aumentando la probabilità di danneggiare l’area.
Inoltre, l’eccitazione elettromagnetica viene realizzata inducendo corrente parassita attraverso avvolgimenti elettromagnetici e ci si riferisce comunemente a essa come termografia termoinduttiva, termografia a induzione o termografia a correnti parassite (ECT). Come nel caso di eccitazione ottica e ultrasonica, si possono usare sia configurazioni impulsate che lock-in.

Per l’elaborazione dei dati [5], i dati ottenuti per stimolazione ottica in PT o LT sono analizzati tramite Fast Fourier Transform (FFT), e vi si riferisce comunemente come termografia pulsata analizzata in fase (pulsed phase thermography, PPT), nel caso di dati termografici impulsati, e di termografia fase-sensibile (phase angle termography o phase sensitive thermography) nel caso di dati modulati. I risultati sono rappresentati in forma di immagine di fase (phasegram), ovvero una mappa della superficie del campione che indica il ritardo in fase del segnale di output rispetto all’input. Esistono molte altre tecniche avanzate di elaborazione, sviluppate per migliorare il segnale transitorio della PT. La ricostruzione del segnale termografico (TSR) è una di tali tecniche. Essa permette la riduzione della quantità di dati, la pulizia del rumore dal segnale e l’ulteriore elaborazione dei dati sintetizzati usando immagini della prima e della seconda derivata insieme alla FFT, cosa che migliora considerevolmente il rapporto segnale-rumore. Sono poi disponibili molte altre tecniche di elaborazione.
Queste tecniche di analisi possono essere applicate a qualsiasi metodo termografico indipendentemente dalla sorgente di energia usata per la stimolazione. Si dovrebbe tuttavia osservare che nel caso della vibrotermografia, quando tutti i parametri sperimentali sono impostati correttamente, i dati grezzi presentano un contrasto adeguato alla rivelazione dei difetti e non è richiesto alcun ulteriore trattamento. Anche una semplice sottrazione dell’immagine “fredda” può aiutare a migliorare il contrasto. Nel caso dell’eccitazione lineare, ovvero quando il campione è fisso mentre la camera si muove dietro la sorgente a una velocità controllata, non viene eseguita alcuna elaborazione del segnale temporale. Le immagini vengono ricostruite acquisendo il massimo contrasto termico per ogni pixel.

Investigazione di compositi
Inizialmente è stato utilizzato in questo esperimento un campione consistente di un pannello sandwich standard per NDT & E, con anima a nido d’ape in alluminio e con uno strato superficiale in materiale grafite-epossidico multistrato (pelle), mostrato in figura 2.

L’anima a nido d’ape in alluminio ha due densità di cella e contiene quattro tipi di difetti prodotti artificialmente: delaminazioni (simulate usando un tessuto ricoperto di Teflon®), scollamenti della pelle (prodotti usando un tessuto ricoperto di Teflon®), eccesso di adesivo e cedimenti strutturali dell’anima. Questo tipo di pannello è usato comunemente nell’industria dei trasporti (principalmente aerospaziale) per la calibrazione della strumentazione NDT & E (Non-Destructive Testing & Evaluation, Controlli e valutazioni non distruttivi). La fig. 2b mostra il risultato ottenuto tramite termografia ottica impulsata. I dati sono stati elaborati per mezzo della ricostruzione del segnale termografico (TSR). L’immagine mostrata corrisponde alla derivata prima temporale calcolata dai dati sintetizzati. Sono visibili l’anima a nido d’ape e così anche tutti i difetti. L’immagine di fase risultante, ottenuta da termografia ottica lock-in, è presentata in fig. 2c. A questa particolare frequenza possono essere rivelati tutti i difetti come anche le fibre in carbonio (orientate a 45°) e alcune caratteristiche superficiali come le iscrizioni – e un graffio della vernice nel difetto di delaminazione più a destra, che non era presente quando il campione è stato ispezionato per termografia ottica pulsata (fig. 2b). La fig. 2d presenta un’immagine di fase ottenuta per vibrotermografia lock-in a una frequenza di 2 Hz per 3 cicli. È visibile la maggior parte dei difetti. Alcune onde stazionarie, cioè i pattern d’onda che non corrispondono a difetto o all’anima a nido d’ape, possono essere viste nei difetti di cedimento dell’anima ma in nessuna altra zona a questa particolare modulazione di frequenza. È difficile distinguere l’anima a nido d’ape sul lato sinistro, che ha una densità maggiore. Il lato destro dell’anima a nido d’ape, al contrario, è visibile in questa immagine. L’angolo in basso a destra della piastra è stato danneggiato durante i test preliminari. Quindi, i risultati precedenti ricavati dalle tecniche ottiche (fig. 2b e 2c) non mostrano alcun segno di questo difetto.
Infine, il pannello è stato ispezionato tramite termografia a correnti parassite, e il risultato si può vedere in fig. 2e. Non è stata effettuata alcuna elaborazione dati su questi risultati, ricostruiti da una sequenza temporale in cui il campione era statico, ma la camera e la sorgente di calore erano in moto. Si possono vedere tutti i difetti. Inoltre, a parte i difetti di cedimento dell’anima, non c’è praticamente alcuna differenza di temperatura tra i diversi tipi di difetto. Si può anche vedere il danneggiamento dell’anima (risultante dai test preliminari) nell’angolo a destra. Le strutture a sandwich costituite di un’anima a nido d’ape tra due fogli multistrato di plastica rinforzata con fibra di carbonio (CFRP) sono molto comuni nelle parti dei mezzi di trasporto. Questo tipo di struttura è normalmente affetta da anomalie quali delaminazioni (tra strati nei fogli superficiali), scollamenti (tra l’interno degli strati superficiali e l’anima), ingresso d’acqua e cedimento dell’anima. Possibili cause di delaminazione sono o la contaminazione del materiale, per esempio da sporco, solventi, umidità, olii, ecc. introdotti durante la produzione, o il danneggiamento causato durante le operazioni in esercizio. Il cedimento dell’anima può avvenire in seguito a un impatto.
È stato progettato un pannello a sandwich, mostrato in fig. 3, per simulare i più comuni tipi di difetti sopra elencati. Il pannello consiste in un’anima a nido d’ape di 1,6 cm tra due CFRP a 10 strati. Il campione è stato diviso in cinque zone, come mostrato in fig. 3a. Una fotografia del campione, fatta durante l’ispezione con vibrotermografia, è mostrata in fig. 3b.

Nella Zona I, venti inserti in Teflon® di differenti dimensioni e spessori sono stati collocati tra gli strati in CFRP a diverse posizioni e profondità secondo quanto specificato in tabella 1 per simulare le delaminazioni tra strati. Nella Zona II, sei inserti in Teflon® di diverse dimensioni sono stati inseriti tra l’adesivo e l’anima (riga in alto) e tra la pelle e l’adesivo (riga in basso), simulando scollamenti tra pelle e anima in tali punti. Nella Zona III, dodici celle sono state riempite d’acqua per simulare una penetrazione d’acqua nel materiale d’anima. L’acqua è stata iniettata nelle celle attraverso piccoli fori praticati nella faccia opposta del pannello, per evitare il danneggiamento del lato del pannello affacciato alla camera (al quale era diretta la stimolazione ottica). La Zona IV contiene due impatti a 4 J (a sinistra) e a 6 J (a destra), che intendono simulare collisioni reali. Infine, la Zona V contiene tre zone di cedimento ai nodi dell’anima a nido d’ape, che interessano 3, 5 e 10 nodi come indicato. La Zona I è stata prima ispezionata usando un’eccitazione ottica sfruttando tecniche impulsate e lock-in. È possibile individuare quasi tutti i difetti dalle immagini di fase della PPT e LT rispettivamente in fig. 4a e b, con l’eccezione del difetto #10, che ha un rapporto estensione-profondità molto vicino all’unità (D/z10=1.2), (tabella 1). Anche il difetto #18 ha un ridotto rapporto estensione-profondità (D/z10=1.5). Tuttavia, il difetto #18 è più spesso del difetto #10 (t10 = 0.16 mm rispetto a t18 = 0.33 mm). Quindi, si può concludere che la rivelabilità dei difetti tramite stimolazione ottica è affetta non solo dal rapporto estensione-profondità del difetto, ma anche dal suo spessore. La regola empirica per la rivelabilità D/z~2 costituisce un’utile linea guida.
Sebbene le immagini di fase della PPT offrano un miglior contrasto per alcuni inserti (difetto #1 e da #11 a 17), l’immagine di fase della LT permette una miglior individuazione complessiva, essendo possibile rivelare tutti i difetti da una singola immagine di fase. Questo è un risultato logico, poiché per ottenere l’immagine di fase della LT sono state utilizzate varie centinaia di immagini a una singola frequenza, al contrario della PPT, per la quale viene ottenuto un gran numero di immagini di fase a diverse frequenze dall’analisi di una sequenza di termogrammi due volte più grande.
È stata anche utilizzata l’eccitazione ultrasonica. Come si vede in fig. 4c, la vibrotermografia lock-in è stata in grado di rivelare 6 dei 10 inserti aventi spessore t=0.33 mm, mentre si può notare una debole traccia solo per alcuni di quelli aventi t=0.16 mm. Le onde ultrasoniche viaggiano attraverso il campione finchè non raggiungono una zona d’aria all’interfaccia tra l’inserto e il materiale, permettendo al difetto di vibrare generando localmente calore. Se l’aria è poca o assente, il segnale del calore è debole in tale posizione.
Apparentemente, gli inserti più spessi hanno maggior probabilità di produrre deformazioni più consistenti rispetto agli inserti più sottili tra gli strati, intrappolando aria come conseguenza [6]. Quindi, la via di dissipazione favorita per gli ultrasuoni sarebbe in corrispondenza di tali punti. Tuttavia le delaminazioni reali si comporteranno diversamente. I risultati dell’ECT sono mostrati in fig. 4d. Quest’immagine è il risultato di una ricostruzione di tre ispezioni lineari atte a coprire l’intera area (Zona I). Non è stata eseguita alcuna elaborazione in questo caso. Il processo di ricostruzione dell’immagine è consistito nel recupero del massimo valore di contrasto termico per ogni pixel, che solitamente corrisponde al primo valore disponibile dopo la stimolazione, e alla costruzione di una singola immagine, cioè un maxigramma. Si possono chiaramente vedere almeno 11 dei 20 inserti (difetti # 3, 4, 5, 8, 9, 11, 12, 13, 15, 16, 17 e 20), tuttavia con minor contrasto rispetto ai risultati della stimolazione ottica. Si può desumere la presenza di altri 4 difetti (difetti #2, 7 e 19). Questi risultati sono incoraggianti. Devono essere eseguiti ulteriori test (usando per esempio frequenze di eccitazione più alte) per migliorare l’individuazione dei difetti.
Nella Zona II, tutti gli inserti hanno uno spessore t=0,16 mm, (tabella 1). I risultati della PT elaborati tramite TSR mostrano chiaramente i sei inserti. D’altro canto, sia la VT che la ECT evidenziano solo i quattro difetti più grandi, con un miglior contrasto sui difetti per i risultati della VT. Si dovrebbe comunque notare che per l’ispezione tramite VT è stata utilizzata una camera FPA 640×512, mentre nel caso della ECT si è usata una camera microbolometrica 160×128. L’intrusione d’acqua nella Zona III è stata rivelata con successo per mezzo di PT, LT ottica e ispezione lineare tramite ECT (fig. 4a, b e d), sebbene con le ultime due si possa individuare solo una debole traccia. La penetrazione d’acqua non è stata esaminata tramite VT. In tutti i casi si vedono chiaramente i danneggiamenti da impatto nella Zona IV a 4 e 6 J. È interessante notare che i difetti nella Zona V, ovvero i cedimenti dei nodi nell’anima a nido d’ape, sono stati rivelati solo dalla ECT, sebbene il segnale sia relativamente debole. Appare evidente che la stimolazione elettromagnetica ben si presti all’ispezione di questo tipo di difetti, poiché le correnti parassite si propagano nelle loro prossimità generando calore in questi punti. Dall’altro lato, l’eccitazione ottica non è molto efficace in questo caso, dato che il calore è generato sulla superficie, dalla quale esso viaggia attraverso il campione in tutte le direzioni. Finora non sono disponibili risultati soddisfacenti da VT per la Zona IV e la Zona V.

Inoltre sono stati studiate piastre in fibra di carbonio e in fibra di vetro (30 cm x 30 cm) con diversi tipi di difetti artificiali, come mostrato in fig. 5. È stata eseguita una valutazione NDT per mezzo di visione nel vicino infrarosso e nell’infrarosso a onde medie.
La termografia IR, che lavora nella porzione a onde medie (MWIR, 3-5 m) dello spettro infrarosso, fornisce mappe termiche, cioè termogrammi, che sono il risultato di emissioni termiche dalla superficie del campione. La termografia IR sta guadagnando popolarità in molte aree, come quella dei trasporti, dove devono essere esaminate ampie superfici in situ e in modo veloce e sicuro. Le misurazioni sono state condotte usando un sistema integrato di termografia flash che impiega una camera MWIR. L’analisi mostra difetti nascosti in entrambi i campioni esaminati, un laminato rinforzato con fibra di carbonio (fig. 6) e un laminato rinforzato con fibra di vetro (fig. 7). Ciononostante, nel caso di GFRP esistono limitazioni.
Nel caso di materiali trasparenti e semitrasparenti come la fibra di vetro, la visione nel vicino infrarosso (NIR) costituisce un’interessante alternativa. La visione NIR recupera la radiazione riflessa o trasmessa (non termica) da o attraverso il campione nella porzione di spettro del vicino infrarosso (0,9-2,5 m). Questa tecnica, a cui ci si riferisce solitamente come riflettografia (in modo di riflessione), viene ampiamente impiegata nell’ispezione di opere d’arte in cui le parti sotto il dipinto (opache al NIR) possono essere rivelate attraverso gli strati di pittura (semitrasparenti alla radiazione NIR), così da fornire informazioni sull’integrità del pezzo, alterazioni intenzionali o non intenzionali e tratti distintivi dell’artista. Tuttavia, per quanto ne sappiamo, la visione NIR è stata raramente sfruttata per la valutazione di parti industriali.
In questo lavoro, una camera NIR (0,9-1,7
m, risoluzione di 640×512 pixel) è stata usata per il test in visione NIR, e una camera IR (3-5 m, risoluzione di 320×256 pixel) è stata usata per l’ispezione in visione IR. La fig. 8a mostra un’immagine NIR ottenuta usando una luce incandescente in trasmissione come sorgente di illuminazione. Come si può vedere da questa figura, si possono identificare almeno tre delle delaminazioni (difetti “D”) sul campione GRP. Si possono anche notare evidenze delle differenze relative di carico dei difetti da impatto (tipo “I”). I difetti da fresatura (tipo “C”) e le trapanature bruciate (difetti di tipo “B”) si possono vedere perfettamente (fori), sebbene non si possano fare delle distinzioni evidenti tra i due tipi. Per questo sarebbero necessari ulteriori test con maggiore risoluzione spaziale. Tuttavia quest’approccio non è appropriato per i campioni in CRP.
Un risultato per la termografia IR è presentato in fig. 8b. In questo caso la superficie frontale del campione è stata dipinta di nero. Si possono vedere alcuni dei difetti, sebbene in generale la visibilità dei difetti sia minore di quella con visione NIR. Per esempio, uno dei difetti di tipo “O” (a sinistra) non può essere rivelato dalla termografia IR, ma è individuato dalla visione NIR. Questi risultati dimostrano che la visione NIR potrebbe essere un approccio interessante per la valutazione di componenti in fibra di vetro, mentre per i CFRP vale l’opposto.

Conclusioni
In generale, tutte le tecniche di termografia attiva possono essere utilizzate nella valutazione NDT di materiali industriali. La scelta della sorgente d’energia più adatta dipende dall’applicazione. La termografia ottica impulsata è veloce e facile da eseguire. Sebbene i dati siano affetti da vari problemi (riscaldamento non uniforme, variazioni di emissività, riflessioni ambientali e geometria della superficie), sono disponibili numerose tecniche di elaborazione per controbilanciare questi problemi e quindi per ottenere risultati precisi di qualità affidabile e in alcuni casi anche informazioni quantitative. La termografia ottica lock-in permette un miglior controllo dell’energia depositata su di una superficie, il che potrebbe essere interessante nel caso in cui si usasse una sorgente a bassa potenza o si dovesse usare particolare cura per la parte analizzata – per l’ispezione di opere d’arte, per esempio. Tuttavia, ciò richiede un esperimento separato per ogni profondità di ispezione e c’è un tempo di stabilizzazione prima che si raggiunga un regime permanente.
La vibrotermografia è estremamente veloce sia in configurazione lock-in che impulsata (burst), sebbene sia necessario riposizionare il trasduttore (e reimmobilizzare il campione) per coprire un’area ampia con l’ispezione, e molto spesso i parametri di ispezione ottimali devono essere trovati sperimentalmente. Dunque, la vibrotermografia è più adatta a oggetti relativamente piccoli. D’altro canto, c’è un riscaldamento minimo del campione analizzato, perché l’energia è solitamente dissipata perlopiù nelle aree difettate (ma ci possono essere alcuni riscaldamenti localizzati nei punti di accoppiamento e di presa).
La termografia a correnti parassite è una tecnica molto promettente. Sebbene sia limitata a materiali elettricamente conduttori, la gamma di potenziali applicazioni è estesa, da laminati metallici come il GLARE a materiali compositi e strutture a sandwich come i campioni a nido d’ape.
Inoltre, ogni materiale risponde diversamente all’eccitazione termica, in dipendenza dal modo in cui è stato stimolato. La termografia basata su tecniche ottiche, in generale, fornisce un’ottima risoluzione dei difetti. Tuttavia, i risultati sono fortemente influenzati dalle caratteristiche superficiali. Un’elaborazione avanzata dei segnali/immagini è necessaria per ridurre il loro impatto. Per esempio, le tecniche PPT e TSR permettono la rivelazione di difetti fino a una profondità di 2.5 mm, per difetti aventi un rapporto estensione-profondità di circa 2 e superiore.

di N.P. Avdelidis, A. Bendada, C. Ibarra-Castanedo, X. MaldagueUniversite Laval, Computer Vision and Systems Laboratory, Department of Electrical and Computer Engineering, Quebec City

S. Fanou –ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, Centro Ricerche Casaccia

M. Koui – NTUA – National Technical University of Athens, School of Chemical Engineering, Materials Science & Engineering Department

Ringraziamenti

Gli autori vorrebbero ringraziare il supporto della Chaire de recherché du Canada (MIVIM), del Ministère du développement économique, innovation et exportation du Québec. Inoltre, si attribuiscono i riconoscimenti al progetto ComPair, che è stato in parte finanziato dalla Comunità Europea nel Collaborative project programme – Small to medium scale focused research project, Grant Agreement Number 218697.


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