Progettare i metamateriali diventa più facile grazie alla tecnica presentata dal toscano Cristian Della Giovampaola e da Nader Engheta, entrambi dell’università della Pennsylvania.
Il segreto della tecnica messa a punto dai due ricercatori è imitare il codice a due cifre (1 e 0) che ha decretato il successo dell’elettronica, aprendo la strada alla rivoluzione dell’informatica. «Riuscire a bilanciare complessità e semplicità ha giocato un ruolo importante in molti settori della scienza e dell’ingegneria», scrivono. Hanno creato strutture stratificate, in cui i diversi bit di metamateriali costituiscono byte di meta materiali, in modo del tutto analogo a quanto avviene nell’informatica. I byte possono assumere così complessità e funzionalità sempre maggiori.
Essi possono interagire con la luce, con il suono e con le onde secondo modalità impossibili per i materiali convenzionali e questa caratteristica è determinata dalle proprietà delle loro unità costitutive e dalla loro integrazione. I metamateriali attualmente sono impiegati per applicazioni d’avanguardia, come ad esempio il mantello dell’invisibilità, che è ingrado di deflettere i raggi di luce che incidono sulla sua superficie in maniera tale da annullare la diffusione della luce stessa creando un effetto di trasparenza; o le iperlenti, che superano alcuni limiti fisici delle lenti convenzionali, come quello diffrattivo, ossia l’impossibilità di ottenere immagini di oggetti più piccoli della lunghezza d’onda della luce impiegata.
