Compositi nano e microibridi


Una ricostruzione eseguita con materiali compositi oltre ad avere un valore estetico deve anche garantire una certa durata. La performance clinica di questi materiali estetici è strettamente legata al grado di conversione del monomero dopo la fotopolimerizzazione.
I parametri che influenzano il grado di polimerizzazione delle resine composite sono i seguenti:

  • La composizione del materiale
  • La tinta e traslucenza
  • Le caratteristiche dell’unità di fotopolimerizzazione (LCU) utilizzata
  • La distanza tra la punta fotopolimerizzante e la superficie del restauro
  • La durata della fotopolimerizzazione
  • La temperatura del composito

Un metodo utile per valutare indirettamente il grado di polimerizzazione dei compositi è la misurazione della microdurezza superficiale [Erickson RL et al. Dent Mater. 2014]. Nello specifico la normativa ISO 4049: 2000 dice che per raggiungere il grado accettabile di polimerizzazione delle resine composite la polimerizzazione deve soddisfare almeno un grado di 80% di percentuale in microdurezza fino a 2 mm di profondità.

Da diversi anni si dibatte in letteratura su come si possa fare per aumentare il più possibile il grado di monomero convertito dopo fotopolimerizzazione. Già nel 2005 Daronch et al., avevano rilevato che preriscaldando i compositi a 60° C il grado di conversione dei monomeri aumentava da 31,6 % al 67,3%, quindi del doppio, tanto che gli autori proponevano anche di poter ridurre il tempo di polimerizzazione del 75% preriscaldando i compositi.

Park nel 1996 aveva dimostrato che con l’aumento della temperatura del materiale si riduce la viscosità e le catene polimeriche reagiscono in misura maggiore, causando una reazione di polimerizzazione più completa e migliore. L’aumento del grado di polimerizzazione dei compositi può portare anche ad un migliore adattamento alle pareti della cavità interna, con migliori proprietà meccaniche quali la resistenza all’usura.

Un recente studio pubblicato sul Journal of Conservative Dentistry di aprile 2015 conferma che anche per i compositi nanoibridi e microibridi di ultima generazione vale la precedente affermazione. Gli autori di questo studio hanno utilizzato due diversi tipi di compositi per determinare se le caratteristiche delle particelle di riempimento influenzano le variabili dei risultati di tempo di polimerizzazione e temperatura del materiale . Le resine composite utilizzate in questo studio sono state un composito microibrido Filtek Z250 (3M ESPE) e un composito nanoibrido Grandio (Voco) , entrambi di colore A2.

I compositi sono stati testati a tre differenti temperature; temperatura ambiente (23ºC), temperatura corporea (37 ° C), e la temperatura di preriscaldamento (55 ° C). I campioni dopo essere stati riscaldati sono stati zeppati immediatamente in stampi preformati di teflon cilindrici ( di 6 mm di diametro e 2 mm di profondità).

Successivamente sono passati alla fase di polimerizzazione, secondo tre diversi tempi di polimerizzazione (10, 20, e 40 sec) con una lampada Quartz-Tungsten-Halogen (QTH) LCU (Elipar 2500, 3M ESPE, St. Paul, MN, USA). Cinque campioni sono stati preparati per ciascuna combinazione di parametri (composito polimerizzazione tempo-temperatura) risultante in 18 gruppi e un totale di 90 campioni. Gli autori hanno quindi eseguito le misurazioni della microdurezza sia dalla superficie superiore che da quella inferiore dei campioni con un test di microdurezza Vickers (HMV-2000, Shimadzu, Tokyo, Giappone).

I risultati ottenuti sono stati i seguenti:

Il valore di microdurezza superficiale Vickers (VHN) più alto è stato ottenuto nei campioni preriscaldati a 55ºC e fotopolimerizzati per 40 sec (Filtek Z250: 81.1 +o- 4.0 VHN e Grandio: 79.2 +o- 3.7 VHN), mentre i valori più bassi di microdurezza hanno riguardato i campioni a temperatura ambiente polimerizzati per 10 secondi (Filtek Z250: 24.7 +o- 2.9 VHN e Grandio: 30.4 +o- 1.7 VHN). Il tipo di particelle riempitive dei materiali compositi invece non sembra influenzare la microdurezza superficiale.

La durata di un restauro in composito è legata al grado di conversione del monomero che si ottiene dopo la fotopolimerizzazione che si misura in microdurezza superficiale. Per una ottima performance clinica delle ricostruzioni in composito la letteratura consiglia di preriscaldare il materiale e provvedere a un tempo di polimerizzazione di 40 secondi.


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