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Il settore dei materiali compositi, per il design e l’ingegnerizzazione di nuove soluzioni, trova ispirazione nella natura ovvero dal suo esempio più straordinario rappresentato dall’osso umano, uno straordinario equilibrio tra resistenza e tenacità.
L’osso presenta un’architettura interna molto complessa, sia a livello di macroscala che di nanoscala, ed è composto da una fase inorganica, con piccoli cristalli di idrossiapatite (HAP), e da un’altra organica, costituita principalmente da molecole di collagene. I cristalli di HAP, di dimensioni nanometriche, presentano una particolare forma piatta e allungata, e seguono un’organizzazione sfalsata nella matrice proteica. Diversi strati di fibrille mineralizzate, ognuno con la sua orientazione, si assemblano per formare delle lamelle (dello spessore di ~3-7 μm). Queste lamelle sono disposte in modo concentrico intorno a un canale vascolare, a formare degli osteoni, elementi strutturali (di diametro di circa 200-300 μm e lunghezza 1-2 cm) caratteristici della microstruttura dell’osso corticale, nota anche come struttura Haversiana. Lo strato esterno di ogni osteone è chiamato linea cementizia e si riforma continuamente grazie al processo di rimodellamento osseo. Questa particolare struttura rende il sistema estremamente tenace, di circa tre-cinque ordini di grandezza superiore rispetto a quella dei cristalli di cui è fatto. Questo effetto ad oggi non è mai stato raggiunto dai compositi artificiali rispetto ai materiali di partenza. Ecco dunque l’estremo interesse dei ricercatori per la progettazione, realizzazione e caratterizzazione di nuovi compositi ispirati al modello strutturale biomimetico dell’osso, grazie anche alle potenzialità oggi offerte dal mondo dell’ingegneria dei materiali, come la produzione additiva, o i materiali multifunzionali. Puntando l’attenzione proprio sui meccanismi di tenacizzazione dell’osso, si è cercato di riprodurli in un composito di tipo sintetico e i risultati sono interessanti.
Il primo modello biomimetico artificiale, ispirato alla struttura dell’osso, è stato realizzato con fibre di vetro e carbonio in matrice epossidica; per replicare, in forma semplificata, la struttura delle fibre cementizie, si sono utilizzati fasci di fibre di vetro unidirezionali (UD) infilate in tubicini fatti con fibre di carbonio orientate a 45°: si è voluto così replicare una semplificazione delle fibre cementizie. Le lamelle interstiziali sono state riprodotte utilizzando fasce di fibre di vetro UD impregnate di matrice epossidica e la circonferenza esterna dell’osso impiegando tessuti anch’essi in fibra di vetro, che consentono di ottenere una superficie piana. Il design proposto è naturalmente molto semplificato, dato che ha cercato di coniugare la fattibilità operativa e i costi. Parallelamente, è stato realizzato anche un laminato tradizionale, con l’intento di effettuare delle prove comparative ed eseguire un confronto in termini di performance. I due diversi materiali sono stati sottoposti a prove di trazione (ASTM D 3039/D3039M-08), a prove di compressione (ASTM D3410/D 3410/D 3410M-03), a prove di flessione su tre punti (UNI EN ISO 14125) e a prove di tenacità a frattura translaminare (ASTM E1922-04). Quello che si è sorprendentemente osservato, a seguito dei test sopra elencati, è che il composito biomimetico manifesta modalità di rottura che riproducono i meccanismi di tenacizzazione caratteristici della microstruttura dell’osso umano, e cioè la deflessione della cricca e la propagazione all’interfaccia tra due osteoni. Questi fenomeni sono stati evidenziati in modo chiaro nelle immagini al microscopio ottico e al SEM. Concludendo, è possibile affermare che sulla base dei risultati delle prove sperimentali e ipotizzando una ottimizzazione del design biomimetico, anche attraverso simulazioni atomistiche che tengano conto di molteplici fattori come il ruolo chiave delle forze di interfaccia su nanoscala, è realistica la progettazione di nuove avveniristiche e promettenti soluzioni, volte a migliorare il design iniziale del composito bio-ispirato e basate ad esempio sull’aggiunta di nanoparticelle rinforzanti.