La resina epossidica è un materiale dotato di un’elevata resistenza meccanica, un’ottima resistenza chimica e un buon isolamento elettrico. Grazie a queste caratteristiche, è ampiamente utilizzata nei settori edile, automobilistico, elettronico e aerospaziale.
Le resine epossidiche si dividono in monocomponenti e bicomponenti. Le prime nascono da una pre-miscela con un agente indurente latente, che ha la funzione di ridurre i problemi di pesatura, miscelazione e antischiuma.
Le caratteristiche dei sistemi monocomponenti
Questo tipo di resine epossidiche, secondo il dottor Siqi Huo, ricercatore specializzato in ritardanti di fiamma a base di fosforo e compositi polimerici ignifughi, sono preferibili per la produzione di massa e le applicazioni dell’industria high-tech. Il loro utilizzo garantisce, infatti, un risparmio economico, un minor impatto ambientale, una riduzione dei tempi di lavorazione e una maggiore efficienza produttiva. Rispetto alle loro “sorelle” bicomponenti, tuttavia, presentano una minore resistenza alle fiamme e sono più facilmente deperibili.
Il ruolo degli indurenti latenti
Gli imidazoli sono attualmente uno degli indurenti latenti più promettenti, ma possono agire a temperatura ambiente solo per un breve periodo, portando ad una scarsa stabilità di conservazione e una breve durata.
Inoltre, gli agenti polimerizzanti latenti imidazolo contenenti fosforo hanno una resistenza al fuoco insoddisfacente. Risolvere queste criticità è lo scopo del progetto di ricerca dell’Università del Queensland meridionale, che svilupperà oligomeri ecocompatibili e ritardanti di fiamma per sostituire le attuali resine epossidiche infiammabili comunemente utilizzate. Ciò porterà ad una riduzione dei rischi di incendio e ad una maggiore tutela dell’ambiente.