Pirolisi: una tecnologia emergente per il trattamento dei rifiuti in plastica

Dal settembre di Compositi Magazine

L. Cafiero, D. De Angelis, R.Tuffi
Laboratorio Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali, ENEA

 

In accordo ai principi dell’Economia Circolare è necessario ridurre il consumo di materie prime ed aumentare la percentuale di riciclo dei rifiuti. A tal fine, sono stati emanati numerosi decreti che incentivano il riciclo, con grande attenzione ai rifiuti in plastica. Le materie plastiche infatti permeano completamente le nostre vite, essendo uno dei materiali più diffusi sui mercati economici e tra gli inquinanti più persistenti ed invasivi sulla Terra. I 368 Mt di plastica prodotte nel 2019 a livello mondiale con trend sempre in aumento, infatti, sono spesso smaltite in modo inappropriato causando gravi problemi ambientali: ad esempio, dai 5 ai 13 Mt di plastica finiscono in mare andando a costituire il 40-80% del così detto marine litter.

In Europa, uno dei continenti più virtuosi nel 2019 sono state raccolte 29,1 Mt di rifiuti in plastica post consumo, ma solo 32,5 %p/p sono state sottoposte a riciclo, mentre la rimanente parte (la quota maggiore) va ancora a termovalorizzazione o smaltimento in discarica. Aumentare il tasso di riciclo meccanico è complesso e rappresenta una vera e propria sfida nel settore della gestione dei rifiuti in plastica.

Tale difficoltà è legata alla complessità tecnologica nel separare:

  • miscugli polimericamente eterogenei (ad esempio nel caso della raccolta degli imballaggi in plastica)
  • la presenza di additivi e polimeri ingegnerizzati
  • gli sbocchi di mercato delle resine da riciclo limitati a poche tipologie di plastica

Per raggiungere i tassi di riciclo degli imballaggi in materiali quali vetro, carta, acciaio e allumino che si attestano tra il 70-80 p/p% dell’immesso al consumo, e garantire il pieno sviluppo di un’economia circolare per la plastica risulta quindi evidente che sia necessaria una combinazione di opzioni complementari per ottenere tassi di riciclo elevati. Presso il mondo dell’industria e della ricerca ma anche presso i tavoli decisori comincia ad affermarsi l’idea che il riciclo chimico possa colmare un vuoto nella gestione del fine vita della plastica, integrare le altre opzioni esistenti preservando risorse preziose e contribuendo alla creazione di un’economia circolare a basse emissioni di carbonio. Il riciclo chimico delle plastiche consiste nella scomposizione dei polimeri nei monomeri di partenza o nella loro conversione in altre molecole più piccole che possono essere utilizzate come materie prime nelle industrie chimiche, petrolchimiche o direttamente come combustibile.

Il termine chimico è usato, infatti, proprio in virtù del fatto che, durante questo processo, avviene una vera e propria alterazione dei legami all’interno della struttura chimica del polimero stesso.

Il riciclo chimico o riciclo terziario può essere di tipo:

  1. meramente chimico (glicolisi, metanolisi e ammonolisi)
  2. termochimico (idrogenazione, gassificazione e pirolisi).

Da un punto di vista teorico, il riciclo chimico dovrebbe essere la tecnica favorita fra le varie tipologie di riciclo, in quanto dovrebbe consentire alla fine di ottenere un prodotto con caratteristiche equivalenti a quelle dei polimeri vergini o dei composti chimici di sintesi. Tuttavia ad oggi non lo è, principalmente per la difficoltà tecnologica o la non convenienza economica nel separare e purificare la miscela di componenti che si ottiene a valle di questo processo, nonché per la possibile presenza, nei prodotti, di inquinanti di difficile rimozione.

Processi di depolimerizzazione il cui obiettivo è riconvertire le plastiche in monomeri per la produzione di plastiche vergini sono applicabili a certe tipologie di rifiuti plastici monocomponenti come il PMMA e il PET che però sono già riciclati molto bene meccanicamente e hanno il vantaggio di un mercato del riciclo consolidato. Al momento l’esempio più comune di riciclo chimico in Europa è rappresentato dall’uso della plastica da imballaggio in altoforni, all’interno dei quali le materie plastiche vengono gassificate in syngas e vanno a sostituire coke, carbone o gas naturale come riducente per la conversione di minerali ferrosi e altri metalli ossidati in metalli puri.

Nonostante queste difficoltà, il riciclo chimico, e la pirolisi in particolare, è una tecnologia estremamente promettente, complementare al riciclo meccanico, che può aiutare a evitare che rifiuti in plastica impossibili da riciclare in maniera sostenibile attraverso processi meccanici vengano bruciati o smaltiti in discarica. La pirolisi, ovviamente, non deve essere limitata al trattamento della plastica da imballaggio ma è applicabile alle molteplici categorie merceologiche di resine presenti sul mercato.

L’articolo continua…

 

 


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