Ritorno alla terra

Negli ultimi anni le istanze di sostenibilità energetica e gestione delle risorse si stanno sempre più orientando verso materiali e sistemi costruttivi ecocompatibili. Ciò impone l’utilizzo di tecniche costruttive di tipo tradizionale con l’uso di materiali poveri, facilmente reperibili sul territorio, ma soprattutto rinnovabili come la terra cruda. Tuttavia, alla chiarezza degli intenti, non corrisponde ancora altrettanto impegno sul piano della ricerca e delle applicazioni, sia per quanto riguarda lo studio dei limiti e delle possibilità costruttive dei materiali ecocompatibili sia, più in generale, per quanto riguarda il necessario ripensamento dell’approccio progettuale nel suo complesso. In quest’ottica si inseriscono i risultati di seguito riportati che vogliono rappresentare un contributo allo studio e diffusione delle possibili applicazioni in ambito architettonico-costruttuivo del materiale terra cruda e delle tecniche di rinforzo con fibre naturali, ovvero ecocompatibili, che ne possono consentire l’utilizzo anche in zone sismiche.
La terra cruda, uno dei primi e più diffusi materiali (fig.1) da costruzione e autocostruzione nella storia dell’umanità, è stata utilizzata per edificare a tutte le latitudini ed in presenza di condizioni climatiche le più disparate ed estreme. Tra gli edifici più antichi costruiti in terra cruda che ancora oggi è possibile ammirare sono da annoverare la cittadella di Ghazni in Afghanistan, la fortezza di Paramonga in Perù, le Moschee di Mali, le chiese gesuitiche in Argentina, le case torri dello Yemen e le grandi cinte murarie di Marrakech.
Si stima che attualmente un terzo della popolazione mondiale, viva o lavori in edifici costruiti in terra cruda. Le costruzioni in terra, anche se non sempre facilmente riconoscibili, sono molto diffuse anche in Italia (fig.2).
Non mancano esempi di opere di interesse architettonico, reperibili sia in Sardegna sia in altre regioni, né di zone in cui le architetture di terra hanno avuto una tale diffusione e un tale sviluppo da entrare a far parte dell’impianto delle città. Ne sono esempi il centro storico di Novi Ligure (Liguria), quasi interamente realizzato in terra battuta (pisé), di Terranova Bracciolini (Toscana), costituito da edifici realizzati in adobe o, ancora, quelli di Nicastro e Sambiase (Calabria). Tutti questi centri mostrano un alto livello di organizzazione urbana, testimoniando così una lunga tradizione costruttiva in terra non relegata solo ad una diffusa edilizia rurale.
Accantonate dopo l’avvento del cemento armato, le tecniche costruttive in terra cruda, in seguito alla crisi energetica manifestatasi a partire dagli anni ’70, hanno di nuovo attirato l’attenzione e stimolato architetti, tecnici e ricercatori del settore delle costruzioni a riconsiderare i materiali ecosostenibili, il cui utilizzo fosse il più possibile compatibile con l’ambiente e riducesse il consumo di energia. Tra questi materiali si pone in primo luogo la terra cruda, riscoperta grazie al suo possibile e semplice riutilizzo poiché non comporta problemi di smaltimento alla fine del ciclo vitale dei manufatti, garantendo caratteristiche intrinseche di sostenibilità quali:

  • riduzione del consumo di energia nei processi di produzione del materiale (non energivoro)
  • riciclabilità e alto grado di riduzione dei residui di lavorazione
  • alto coefficiente di isolamento termico e controllo igrometrico
  • sostenibilità economica
  • facilità di reperimento
  • possibile impiego nell’autocostruzione.

L’errore di valutazione principale che si commette nei confronti dell’architettura di terra è di considerarla come utilizzata e utilizzabile esclusivamente dalle popolazioni più povere. In realtà esistono esempi molto interessanti di edifici pubblici contemporanei in terra cruda. L’architetto austriaco Martin Rauch, ad esempio, ha disseminato l’Europa di importanti costruzioni in terra cruda portante, come ad esempio la Chiesa della Conciliazione a Berlino e lo Zoo di Basilea.

Incremento delle prestazioni meccaniche
Una buona parte delle costruzioni in terra è situata nell’area inclusa tra il Tropico del Cancro e il 50° parallelo Nord, caratterizzata da una sismicità medio-alta. Tale circostanza ha portato all’accumulo di un bagaglio conoscitivo costituito dall’acquisizione delle diverse caratteristiche della materia prima utilizzata per realizzare costruzioni in terra cruda, delle specifiche condizioni climatiche e della sismicità dell’area. Analogamente a quanto accade con altri materiali a limitata resistenza a trazione, la possibilità di recuperare gli edifici esistenti in zone soggette ad attività sismica, nonché di proporre nuove costruzioni con l’uso della terra cruda come materiale avente anche funzione strutturale, è fortemente influenzata dalla capacità di realizzare un sistema di rinforzo capace di assorbire le azioni orizzontali. Per migliorare le caratteristiche meccaniche di elementi strutturali in terra cruda, attualmente vengono utilizzati sia degli stabilizzanti, aggiunti alla miscela, sia vari tipi di fibre: corte o lunghe, naturali o sintetiche, miscelate nell’impasto o applicate all’elemento strutturale. Diverse analisi sperimentali effettuate presso il Laboratorio Ufficiale Prove Materiali e Strutture dell’Università degli Studi di Firenze hanno mostrato che, tra gli stabilizzanti sperimentati, il gesso, aggiunto in quantità opportuna, è capace di ridurre gli effetti dovuti al ritiro, di migliorarne la durabilità e di incrementare i valori delle prestazioni meccaniche delle strutture in terra. Il gesso, inoltre, è uno stabilizzante biocompatibile, di basso costo e, se usato nelle debite proporzioni, non compromette la possibilità di riutilizzare la terra come humus per le coltivazioni alla fine della vita utile del manufatto.
Il rinforzo strutturale, invece, può essere realizzato con fibre naturali di origine vegetale come le fibre di ginestra, di lino, di canapa, di iuta, così come quelle derivanti da bambù, da ananas e cocco. Le fibre naturali sono disponibili in grandi quantità, sono rinnovabili, presentano una bassa densità ed un costo modesto, nonché proprietà meccaniche tali da renderle interessanti per la realizzazione di materiali compositi fibro-rinforzati. Da prove preliminari eseguite presso il Laboratorio Ufficiale Prove Materiali e Strutture dell’Università degli Studi di Firenze è emerso che, tra le tipologie di fibre naturali precedentemente citate, quelle di juta sono particolarmente adatte per la realizzazione di rinforzi di elementi strutturali in terra cruda, in quanto presentano delle buone caratteristiche meccaniche e garantiscono una buona adesione con il materiale terra cruda. Il tessuto utilizzato per i test sperimentali è realizzato esclusivamente con fibre naturali di juta, le quali si ricavano dal fusto delle piante del genere Corchorus, appartenente alla famiglia delle Malvaceae. Queste presentano una colorazione che va dal bianco al giallognolo al bruno, sono ruvide, tenaci e altamente igroscopiche.

Analisi sperimentale

Caratterizzazione meccanica della terra cruda
La terra è un materiale formato da aggregati granulari, non legati tra loro, che possono essere separati applicando modeste sollecitazioni meccaniche o per mezzo di un più o meno prolungato contatto con l’acqua. Le terre derivano da un complesso insieme di fenomeni e processi che coinvolge la crosta terrestre, pertanto le loro caratteristiche sono molto variabili.
Il materiale terra cruda è il risultato della miscela di materiali naturali, quali argilla, inerti e acqua. Anche le caratteristiche meccaniche della terra cruda possono essere molto variabili, in quanto dipendono sia dalla qualità dei materiali di partenza, sia dalle modalità e dalle percentuali di miscelazione. Un corretto approccio all’analisi del comportamento strutturale delle costruzioni in terra cruda non può prescindere da una completa caratterizzazione meccanica del particolare materiale utilizzato.
I parametri meccanici fondamentali della terra cruda utilizzata nelle prove sperimentali, sono stati determinati mediante prove comunemente utilizzate per materiali aventi analoghe caratteristiche. In particolare, sono state utilizzate prove di compressione e di flessione su tre punti. La resistenza media a trazione e a compressione ottenuta da tali prove è riportata nella tabella 1.

Il campione di terra esaminato è stato prelevato in zona Musciano nel comune di Montopoli in Val d’Arno, nella provincia di Pisa. I valori di resistenza media riguardano provini realizzati con il 12% (in peso) di acqua.
La bassa dispersione dei risultati ottenuti testimonia come anche per questi materiali sia possibile raggiungere un buon livello di approssimazione sia nella determinazione dei valori da assegnare alle caratteristiche meccaniche, sia nella definizione qualitativa del loro comportamento meccanico.

Prove su elementi strutturali
La terra cruda presenta un comportamento a trazione di tipo fragile, da cui deriva una scarsa capacità dissipativa che può rendere tale materiale poco adatto ad utilizzi strutturali in zone sismiche. Cionondimeno, analogamente a quanto viene fatto per altri materiali a limitata resistenza a trazione, il carico di picco e, soprattutto, la duttilità degli elementi strutturali in terra cruda possono essere incrementati applicando delle strisce o fasce di rinforzo in grado di assorbire tensioni normali di trazione.
Nel presente lavoro sono stati analizzati elementi strutturali in terra cruda rinforzati mediante un tessuto di juta che, essendo completamente biocompatibile, preserva le caratteristiche di sostenibilità del materiale di partenza. L’applicazione di questo tipo di rinforzo, anche su elementi strutturali esistenti, è molto semplice (fig.3) Prima dell’applicazione del tessuto di juta, la superficie dell’elemento di terra da rinforzare viene inumidita (fig.3.a). Il tessuto, anch’esso bagnato, viene posizionato sulla superficie dell’elemento strutturale (fig.3.b) e viene fissato con una matrice di terra (85%) e di gesso (15%) (fig.3.c).

Prove di flessione su tre punti
Le prove di flessione su tre punti sono state effettuate su dodici provini prismatici di dimensioni 8x30x8 cm. Per sei di questi è stata utilizzata terra stabilizzata con l’aggiunta del 15% (in peso) di gesso, mentre quattro sono stati rinforzati con tessuto di juta, applicato già in fase di confezionamento dei provini. Gli appoggi sono stati posti ad una distanza di 28 cm.
I risultati delle prove mostrano che, per lo schema strutturale considerato, l’applicazione del rinforzo non porta ad un sensibile incremento di resistenza. Viceversa, si ha un notevole incremento della “duttilità” dell’elemento strutturale: i provini non rinforzati mostrano una modalità di rottura di tipo fragile (fig.4), mentre i provini rinforzati raggiungono il collasso per una freccia di circa 2 cm, pari al 7% della luce (fig.5) libera del provino.

Prova su arco
Al fine di valutare gli effetti stabilizzanti del gesso e l’incremento delle prestazioni meccaniche dovute alla presenza del rinforzo in tessuto di juta, sono stati testati due archi, uno in terra e uno in terra (85%) e gesso (15%). Gli archi sono stati realizzati con la tecnica del pisè. Pertanto è stato necessario, in primo luogo, progettare e realizzare una centina che, oltre a fungere da sostegno provvisorio, avesse le caratteristiche di una cassaforma. Lo spessore della centina è di 20 cm, la luce è pari a 93 cm, mentre il raggio è di 32,44 cm. Per la costruzione degli archi è stata utilizzata una quantità di acqua pari a circa il 12% in peso, che consente una buona lavorabilità dell’impasto e ne garantisce una buona resistenza. La battitura è avvenuta per strati radiali successivi di circa 2 cm partendo dalle imposte. Al termine di 30 giorni di maturazione l’arco di terra ha subito un notevole ritiro con conseguente cambio di geometria e formazione agli appoggi di due cerniere; in questa fase è stato registrato un abbassamento in chiave pari a 3,6 cm. L’arco stabilizzato con il gesso, invece, dopo lo stesso periodo di maturazione ha subito un ritiro molto inferiore: la geometria risultava pressoché invariata rispetto a quella iniziale. A differenza del primo, nell’arco di terra e gesso non erano visibili cerniere agli appoggi e l’abbassamento in chiave era di circa 1 cm.
I due archi sono stati caricati asimmetricamente con un’azione distribuita su di un segmento pari alla profondità dell’arco in corrispondenza dell’estradosso. Le prove sono state condotte in controllo di spostamento.
Il carico di picco registrato è stato di 446 kg per l’arco di sola terra e di 528 kg per l’arco di terra additivata con il 15% di gesso. In entrambi i casi il collasso è avvenuto secondo il classico meccanismo di arco a quattro cerniere [12]. Il carico e la modalità di collasso sono compatibili con quanto previsto utilizzando una classica analisi limite.
Al termine della prova, gli archi sono stati rinforzati con tessuto di fibre di juta, fissato con matrice di terra e 15% di gesso. Sono state posizionate due strisce continue di tessuto di juta, una all’intradosso e una all’estradosso. Per l’applicazione è stato necessario inumidire le superfici dell’arco sulle quali, poi, è stata applicata la fibra secondo la procedura descritta in figura 3. Il tessuto, tagliato in modo che la sua larghezza fosse di poco superiore a quella dell’arco, è stato anch’esso inumidito prima della messa in opera con uno strato di pochi millimetri di spessore di matrice in terra e gesso.

Passate 24 ore dall’applicazione del rinforzo è stata ripetuta la prova di carico secondo la procedura utilizzata per gli archi non rinforzati. I carichi di picco registrati in questa fase sono stati di circa 1720 kg per l’arco in terra e gesso e di 1500 kg per l’arco in sola terra.
Il carico di picco registrato sugli archi rinforzati è stato quindi pari a circa tre volte il carico massimo applicato sugli archi non rinforzati. La rigidezza dei due modelli, a parte un breve tratto iniziale, è quasi identica. Al collasso gli archi rinforzati mostrano delle ampie zone plasticizzate coni forti concentrazioni di deformazione. Il rinforzo si è staccato dal supporto solo in corrispondenza delle zone in cui era presente una concentrazione di tensioni di trazione. Il distacco è stato indotto piuttosto da azioni di peeling generati dalla curvatura della struttura. Non si è registrato il distacco totale del rinforzo che ha impedito il collasso finale della struttura.

Conclusioni

I risultati delle indagini sperimentali mostrano che:

  • il gesso è un ottimo stabilizzante per la terra cruda in quanto ne incrementa le caratteristiche meccaniche e ne diminuisce il ritiro, pur preservando le caratteristiche di biocompatibilità del materiale di partenza
  • i rinforzi in fibre di juta applicati su elementi strutturali in terra cruda ne migliorano le prestazioni meccaniche, incrementando i valori sia del carico di picco, sia della duttilità e, di conseguenza, la capacità dissipativa.

Il rinforzo in fibre di juta può essere efficacemente utilizzato per il miglioramento strutturale di edifici esistenti. Inoltre, la notevole duttilità acquisita dalla terra cruda rinforzata con fibre naturali rende il sistema idoneo alla realizzazione delle strutture portanti di edifici di modeste dimensioni anche in zone sismiche.

di Silvia Briccoli Bati, Mario Fagone, Federica Loccarini, Giovanna Ranocchiai – Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università di Firenze

 


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