Italia in prima linea con un satellite in fibra di carbonio per catturare i detriti spaziali


Qual è il metodo migliore per rimuovere i detriti dall’orbita terrestre? Si sa che sono un problema grave: stando agli ultimi dati dell’Agenzia spaziale europea ci sarebbero circa 7.500 tonnellate di spazzatura spaziale alla deriva, fra parti di satelliti in disuso e di razzi, insieme a tonnellate di dadi, bulloni e schegge di metallo che anche singolarmente possono causare danni consistenti sia ai veicoli in funzione sia agli astronauti in missione. Per cercare di risolvere il problema, c’è un progetto di valutazione ad opera dello scienziato italiano Guglielmo Aglietti, il quale è a capo del Surrey Space Center dell’Università del Surrey, in Inghilterra. Il dispositivo, realizzato presso la Surrey Satellite Technology (spin off della stessa università), si chiama Remove DEBRIS, ed è un piccolo satellite il cui decollo è previsto a marzo 2018. Ha le dimensioni di una lavatrice domestica, sarà posto in orbita attorno alla Terra mediante il braccio meccanico della stazione e avrà il compito di testare differenti tecnologie per la rimozione dei detriti spaziali e capire pro e contro di ciascuna. Più in dettaglio, gli esperimenti in programma sono quattro. I primi due consisteranno nel lancio di una coppia di mini satelliti, che simuleranno pezzi di spazzatura spaziale: il primo si gonfierà per assumere una struttura a palloncino con un diametro di circa un metro, in modo da simulare un bersaglio di grandi dimensioni; il satellite si dovrà, quindi, avvicinare fino a una distanza di circa sette metri e sparare una rete progettata per avvolgersi intorno all’obiettivo. Una volta che il bersaglio sarà imbrigliato, verrà teso il cavo che lo tiene agganciato al satellite principale. Il secondo mini satellite, infine, testerà i sensori in dotazione, capaci di creare un’immagine tridimensionale e dettagliata dell’oggetto. Se dovesse funzionare, potrebbe diventare una dotazione per i futuri dispositivi di nettezza spaziale, per riconoscere dimensioni, traiettoria e velocità del detrito alla deriva e agire di conseguenza. Nel terzo esperimento, il satellite estenderà un braccio lungo circa un metro e mezzo, alla cui estremità è collocato un bersaglio di 10 cm. A questo punto, lo stesso sparerà un arpione sul bersaglio, cercando di centrarlo. L’idea è che gli arpioni possano essere utilizzati per perforare e agganciare alcuni tipi di detriti spaziali. L’ultimo esperimento fa fronte a un controsenso: considerata la finalità di questo dispositivo, sarebbe inaccettabile se diventasse esso stesso un detrito alla deriva, quindi Remove DEBRIS e i suoi elementi dovranno andare distrutti. A tal fine, verrà dispiegata una membrana di plastica di dieci metri quadrati, sostenuta da quattro bracci in fibra di carbonio, che rallenterà la sua velocità e ne favorirà la caduta verso l’atmosfera, al contatto con la quale si disintegrerà. Il ruolo dell’esperimento è molto importante, perché consentirà la raccolta di dati utili per comprendere come si dovranno muovere le future missioni di pulizia spaziale per essere il più efficaci possibile, con un investimento che ripagherebbe con un minor rischio di danni alle attività spaziali e ai servizi alla cittadinanza. Al momento, la capitalizzazione è stata di 15 milioni di euro, finanziati per metà dalla Commissione Europea.


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