I materiali compositi polimerici rinforzati in fibra di vetro sono prodotti unendo più strati di fibra impregnati di resina epossidica. Per realizzare un materiale di alta qualità, l’intera parte composita – che potrebbe essere enorme – viene polimerizzata in autoclave.
Un problema di costi e di inquinamento
Solo le grandi aziende possono permettersi un’autoclave abbastanza grande da produrre pezzi di dimensioni importanti con questa tecnologia. Inoltre, riscaldare ogni volta l’intero volume della camera, indipendentemente dalla dimensione della parte da indurire, comporta consumi energetici elevati e conseguenti costi economici ed ambientali.
Uno studio dei ricercatori di Skoltech, tuttavia, ha dimostrato che, se si incorporano nanotubi di carbonio tra gli strati adiacenti del composito, è possibile applicare una corrente elettrica e immettere calore nel materiale senza sprecare energia per riscaldare l’intero volume dell’autoclave, con un risparmio del 99% della potenza necessaria per l’intero processo.
Una soluzione versatile
Realizzato in nanotubi di carbonio, il nuovo sensore è in grado di generare calore sottocorrente elettrica e, una volta incorporato, lascia inalterato lo spessore del composito e non crea pori indesiderati. Può essere utilizzato per il monitoraggio della salute strutturale delle parti oppure come sbrinatore. Quest’ultima funzione è particolarmente preziosa per i settori della cantieristica navale e della piccola aviazione, nei quali le grandi strutture in vetroresina sono molto utilizzate. In altre parole, la nanostruttura migliora le proprietà del materiale e lo dota di molteplici funzionalità, oltre a svolgere un ruolo attivo in varie fasi del ciclo di vita del prodotto.
Nuove frontiere della ricerca
Per confrontare le caratteristiche dei materiali, il team ha prodotto il composito polimerico sia senza la struttura di nanotubi di carbonio incorporata che con essa. Le misurazioni non hanno rivelato né aumento di spessore, né formazione di pori, né disallineamento delle fibre. I ricercatori hanno spiegato questo in termini di nano-capillarità estremamente elevata dei nanotubi, una proprietà che permette di generare una pressione che fa aderire gli strati di fibra di vetro saldamente insieme, “risucchiando” eventuali pori, che altererebbero le caratteristiche del composito. La ricerca svolta rientra nell’ambito della “fusione multifunzionale per il miglioramento del ciclo di vita dei materiali attraverso la nano-ingegneria di strutture composite avanzate“.