Le sospensioni della XAM 2.0

L’uso dei materiali compositi nel settore automotive è importante anche nell’ottica del raggiungimento degli obiettivi europei di emissioni e consumi al 2020. La sfida più importante in questo comparto è l’impiego dei compositi nelle applicazioni strutturali, non solo nei veicoli da competizione, ma anche nelle produzioni in serie, partendo dai veicoli “premium” per poi arrivare a quelli più economici. Allo sviluppo di soluzioni per tali applicazioni si dedica il gruppo di Ricerca del Politecnico di Torino che, grazie al Team H2politO, guidato da Massimiliana Carello, ha la possibilità di studiare anche nuove e concrete applicazioni per parti strutturali, oltre che per componenti abitacolo e carrozzeria.

Il metodo logico di simulazione
Per definire correttamente il metodo ingegneristico per la progettazione e simulazione dei componenti in materiale composito è stata necessaria un’intensa attività di studio. Ogni volta che un costruttore di auto o un fornitore di primo livello decide di utilizzare i compositi per i suoi sotto-sistemi deve poter sviluppare, e poi saper gestire, un apposito metodo di progettazione.
L’attività del gruppo di ricerca del Politecnico parte dal definire con i futuri utilizzatori il Target Deployment dei sottosistemi, tenendo conto dei vincoli tecnici, produttivi e del budget disponibile. Successivamente è necessario effettuare un’analisi di Benchmarking per individuare i materiali disponibili sul mercato considerando il target di produzione, l’approvvigionamento e il costo. È quindi possibile selezionare i materiali per effettuare le prove sperimentali.
Gli autori hanno effettuato, presso il laboratorio del proprio dipartimento, le caratterizzazioni meccaniche statiche e dinamiche, ma anche in ambienti chimici/ambientali aggressivi, ricavando i dati sperimentali necessari ai software di simulazione FEM. Tuttavia questo non è sufficiente per avere una simulazione ottimale che riproduca in maniera affidabile il reale comportamento del componente considerato. Per questa ragione è importantissimo avere una validazione del modello di simulazione, possibile solamente grazie alla validazione sperimentale sul componente stesso.

Un esempio di studio: i bracci sospensivi
Come case study verrà presentata la sospensione a triangoli sovrapposti del prototipo di city vehicle XAM 2.0, partendo da una soluzione esistente realizzata in alluminio per costruirne una in materiale composito. Il primo passo è stato lo sviluppo del modello di dinamica del veicolo per calcolare i carichi agenti sulla sospensione e per definire il target di peso e di rigidezza rispetto alla soluzione in alluminio.
Prima di definire le superfici che definiscono il componente è necessario conoscere le sollecitazioni che agiscono per semplificarne e ottimizzarne la geometria. Pertanto, il primo passo della progettazione è stata l’ottimizzazione topologica attraverso il density method.
Partendo dal modello geometrico ottimizzato si è osservato che il componente presentava una concentrazione di elementi sui piani inferiori e superiori dell’area vicino all’inserto metallico. Utilizzando le informazioni ottenute dall’analisi si è compreso che la migliore soluzione geometrica dei bracci era una soluzione a V con una sezione dei bracci molto appiattita, rispetto alla sezione circolare in alluminio, dando particolare attenzione all’interfaccia tra il braccio e l’inserto, in quanto zona strutturalmente molto critica. Per raggiungere l’obiettivo di peso e rigidezza prefissati, il triangolo delle sospensioni è stato suddiviso in due parti: il corpo del triangolo (in fibra di carbonio) e gli elementi di collegamento (in lega di alluminio).
Dopo la definizione delle superfici esterne del braccio sospensivo dovevano essere fissati i numeri di layer e la loro orientazione nelle diverse aree per definire lo spessore complessivo del braccio.
Il risultato della simulazione ha consentito di ottenere gli spessori dei diversi layer, necessari alla definizione del processo di laminazione, mettendo in evidenza le zone che necessitano di un rinforzo locale per aumentare la resistenza o la rigidezza.
Si è quindi passati in un ambiente CAS per disegnare le superfici curve e il loro svolgimento su un piano dei diversi layer e avere un play-book completo del processo di laminazione.
Successivamente è stato possibile costruire un nuovo modello CAD che tenesse conto di tutti i layer, della loro sequenza e della loro orientazione, secondo i vincoli di processo e quindi di producibilità del componente in accordo con chi lo avrebbe costruito.
Dopo queste verifiche, la resistenza del componente poteva essere ricalcolata utilizzando come materiale una fibra di carbonio standard. Il risultato è stato quindi confrontato con quello ottenuto considerando i bracci sospensivi in alluminio e verificando, quindi, se il risultato soddisfacesse al meglio le specifiche di inizio progetto. Nel caso in studio è stato utilizzato un solutore lineare RADIOSS – Bulk Data Interface.
Quando il modello è stato completato, per la verifica del componente sono stati utilizzati diversi materiali compositi di tipo pre-preg, poiché consentono di ottenere pezzi con la miglior qualità superficiale e le migliori caratteristiche meccaniche, in modo da capire quale fosse il più adatto all’applicazione, mantenendo la stessa sequenza di laminazione ma utilizzando solo le proprietà del materiale scelto, ad esempio: fibra ci carbonio T300 e resina epossidica, T800 e resina epossidica, basalto e resina epossidica, fibra di vetro-E e resina epossidica, fibra di vetro-E e resina termoplastica, fibra di basalto e resina termoplastica.
Il confronto è stato fatto valutando la rigidezza, calcolata mediante il modello della dinamica del veicolo, e il peso. Il materiale più performante, non tanto in termini di riduzione del peso ma di incremento di rigidezza, è stato il T800 con la resina epossidica. Sorprendenti i risultati delle simulazioni con le caratteristiche implementate nel modello dei materiali termoplastici, praticamente al pari degli stessi materiali con la matrice di tipo epossidico. Purtroppo non è stato possibile provare il T800 con una matrice di tipo termoplastico in quanto il materiale non era stato trovato sul mercato.
Il processo di produzione ha previsto quindi l’utilizzo del T800 pre-preg. Il processo è stato effettuato in modo manuale: taglio dei pre-preg, realizzazione degli stampi e laminazione, predisposizione del sacco a vuoto, processo termico in autoclave, processo di estrazione dallo stampo e dal sacco a vuoto e, infine, finitura delle superfici di contatto con gli inserti. Il componente realizzato presentava variazioni trascurabili di spessore all’esterno ed una qualità superficiale elevatissima. Caratteristiche non solo dovute a un fattore estetico, ma per prevenire cricche o rotture a fatica. Il risultato sul componente finale è una riduzione del peso complessiva del 9% e un aumento della rigidezza del 38%.
Dopo che le sospensioni sono state assemblate su XAM 2.0, il veicolo è stato sottoposto in pista alle stesse manovre utilizzate per il modello virtuale della dinamica del veicolo consentendo quindi la validazione del modello FEM e delle deformazioni calcolate, grazie all’utilizzo di un sistema di acquisizione.
I prossimi passi sarà la prova del sistema sospensivo in laboratorio, per eliminare i disturbi e gli errori che si sono presentati, inevitabilmente, durante i test in pista. Sarà così possibile validare in modo più approfondito il modello di simulazione, al fine di rendere più affidabile il metodo di simulazione strutturale per i materiali compositi messo a punto. L’altro step sarà realizzare lo stesso componente, sempre in T800, ma con un pre-preg a base termoplastica. Fatto questo, progettare una nuova sospensione concentrandosi unicamente sulla riduzione del peso del componente a parità del target di rigidezza imposto.

La ricerca sulla matrice termoplastica
Altro importante filone di studi nell’ambito dei materiali compositi per applicazioni strutturali che utilizzano fibra continua, unidirezionale o bidirezionale, al quale molti centri di ricerca e industrie stanno lavorando, è legata alla matrice termoindurente, che presenta problemi di riciclabilità.
All’interno del Politecnico di Torino gli autori stanno testando soluzioni dove la resina termoindurente viene sostituita con quella termoplastica, tenendo presente la disponibilità attuale di tali materiali sul mercato, soprattutto in termini di fibra, pre-preg e resina. Sono stati individuati diversi pre-preg con matrice termoplastica, ma la difficoltà è stata trovare pre-preg con lo stesso tipo di fibra del corrispondente materiale già caratterizzato dal punto di vista sperimentale con matrice di tipo termoindurente: twill 2×2 200 g/m
2; fibra di carbonio T800 e T300, fibra di basalto e fibra di vetro E.
Le prove effettuate con pre-preg che utilizzano una matrice termoplastica hanno caratteristiche meccaniche confrontabili con quelle che hanno matrice termoindurente. Tuttavia hanno un costo elevato poiché sono materiali che, ad oggi, trovano applicazioni soprattutto nel settore aerospaziale o militare.
Il gruppo di ricerca del Politecnico di Torino sta lavorando per creare una catena di fornitori che comprendono: i produttori di fibra, i produttori di resine termoplastiche, le aziende che si occupano dell’impregnazione per la realizzazione del pre-preg “assemblando” la fibra con la matrice termoplastica; infine, il produttore di componenti che, attraverso il processo di formatura o stampaggio, possa utilizzare i pre-preg in termoplastico per realizzare componenti per autoveicoli.

XAM 2.0 alla Future Car Challenge
Quest’anno il Team H
2politO del Politecnico di Torino ha partecipato alla Future Car Challenge, una competizione internazionale per veicoli elettrici, ibridi o a idrogeno (da Brigthon a London, 3 novembre 2012), con il nuovo veicolo XAM 2.0. Alla competizione partecipano i più importanti costruttori di auto, come Renault, Opel, Nissan, Jaguar Mercedes e prototipi di veicoli come quello di Gordon Murray.
Il veicolo XAM 2.0 che ha partecipato alla Future Car Challenge è l’evoluzione, targata e autorizzata a circolare su strada, della XAM (eXtreme Automotive Mobility), progettata e realizzata al Politecnico di Torino nel 2011 e che ha preso parte alla Shell Eco-marathon 2011 e 2012.
XAM 2.0 ha 2 posti, un peso complessivo di 411 kg, è lunga 2,8 m, larga 1,3 m e alta1,28 m. È totalmente elettrica grazie a un motore a magneti permanenti della potenza di 15 kW. Il veicolo può raggiungere una velocità massima di 80 km/h autolimitata e un’accelerazione che la porta in pochissimi secondi da 0 a 50 km/h. Le batterie ai polimeri di litio da 6,6 kWh consentono un’autonomia di 70 km in ogni situazione e possono essere ricaricata in una qualsiasi presa di casa in circa 6 ore. XAM 2.0 è anche equipaggiata da un piccolo Range Extender, un motore a combustione interna di tipo Wankel che, grazie a un generatore elettrico, trasforma l’energia termica in energia elettrica per ricaricare le batterie. Grazie al Range Extender, XAM 2.0 può percorrere, in addizione all’autonomia in elettrico, 400 km con soli 10 litri di benzina, oppure etanolo E85, che è un etanolo di seconda generazione e rappresenta un’alternativa ai combustibili fossili, poiché ottenuto dalla fermentazione di scarti agricoli.

Thee XAM 2.0 ha un telaio tubolare di alluminio che garantisce la protezione dei passeggeri per urti a basse velocità e freni a disco su entrambi gli assali. Le sospensioni a doppio triangolo sovrapposto sono di tipo pull-rod e sono uguali per ogni ruota per ridurre i costi di produzione. Come prototipo, la carrozzeria è realizzata in fibra di carbonio per consentire la massima leggerezza garantendo la rigidezza strutturale di tutti i pannelli. Il compartimento del guidatore e passeggero è piccolo, ma confortevole; un riscaldatore di ultima generazione consente il riscaldamento dell’abitacolo e lo sbrinamento del parabrezza, senza una riduzione eccessiva dell’autonomia. Un tablet da 7 pollici consente di visualizzare tutte le informazioni necessarie alla guida, oltre a spiegare il funzionamento della propulsione ibrida nelle diversi fasi di funzionamento del veicolo.
XAM 2.0 vuole essere una dimostrazione di innovazione di sistema e di ricerca nel settore automotive, con un costo moderato e in tempi accettabili, grazie alla collaborazione con aziende di elevato livello nel settore dei compositi. Il veicolo attualmente non è producibile in grandi numeri, si pone come un punto di partenza per una mobilità urbana sostenibile, grazie anche alla sua leggerezza e ai bassi consumi. Un esempio è proprio la sospensione in materiale composito provata direttamente a bordo del veicolo.

di Andrea Airale e Massimiliana Carello – Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale – Politecnico di Torino

Ringraziamenti
Il progetto XAM 2.0 è stato realizzato in 4 mesi grazie al lavoro di 30 studenti di Ingegneria e Architettura del Politecnico di Torino. Al Future Car Challenge, XAM 2.0 è arrivata 5° nella classica assoluta e 1° nella categoria “prototipi ibridi”. In questa competizione XAM 2.0 era l’unico veicolo italiano presente, mentre il Team H2politO del Politecnico di Torino era l’unico team studentesco partecipante. Il progetto si sostiene grazie a un considerevole budget, in parte ottenuto grazie a sponsor, partner (in particolare, Huntsman, Araldite, EXP compositi, Vaber, Impregnatex Compositi, Angeloni, Specialinsert e Altair) e istituzioni e in parte stanziato dal Politecnico di Torino.
Il Politecnico di Torino è una delle più importanti Università Tecnico-scientifiche in Italia, dove lo studio e la Ricerca sui materiali compositi è in continua crescita ed evoluzione. In particolare lo studio degli “Advanced Composite Materials”, dove nella tradizionale tecnologia CCFRP (Continuous Carbon Fiber Resin Polymer) si vuole sostituire la matrice di tipo termoindurente (spesso resina epossidica), con matrice termoplastica, come poliammide (PA, PA66), polifenilsolfuro (PPS) o poliuretano (PU).


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